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Iliadi e Odissee

Penso che questi siano in realtà i due poli dell’attività romanzesca occidentale fin dalla sua creazione, vale a dire da Omero, e che si possano facilmente classificare tutte le opere di narrativa come discendenti dell’Iliade o dell’Odissea. […]
Innanzitutto queste due opere hanno una cosa in comune: in esse si ritrovano quasi tutte le tecniche del romanzo. Non mi sembra che qualcuno abbia scoperto molto di nuovo da allora.
L’Iliade è già un’opera estremamente erudita, con un soggetto molto ben definito; si tratta, come sapete, della storia dell’ira di Achille, cioè di qualcosa di molto specifico, inserito in un contesto storico e mitologico molto vasto. Un incidente proietta in un certo senso uno spiraglio di luce sul mondo storico che lo circonda e viceversa, ma è l’incidente che fa la storia; il resto contribuisce solo alla “suspense” e allo sviluppo della storia.
Allo stesso modo molti romanzieri prendono personaggi ben definiti e precisi, le cui storie sono talvolta di mediocre interesse, e li collocano in un contesto storico importante, che rimane nonostante tutto secondario.
La Certosa di Parma e Guerra e Pace sono romanzi del genere dell’Iliade, non perché raccontino di battaglie, come Omero (anche questo conta), ma perché l’importante sono i personaggi immersi nella storia e il conflitto tra personaggi e storia; per esempio, anche l’opera di Proust è un’Iliade. Le battaglie si svolgono nei salotti, ma sono pur sempre battaglie, e il nucleo è la personalità del narratore e le persone che lo interessano.
Inoltre c’è l’Odissea. L’Odissea è evidentemente molto più personale; è la storia di qualcuno che, nel corso di diverse esperienze, acquista una personalità o, se si vuole, afferma e recupera la propria personalità, come Ulisse, che si ritrova immutato, al di fuori della sua “esperienza”, alla fine della sua odissea.
Gli esempi sono quindi numerosissimi: Don Chisciotte, Moby Dick, Ulisse, naturalmente, ma anche un libro come Bouvard e Pécuchet, per esempio, che ben si colloca in questa linea di discendenza. La storia di Bouvard e Pécuchet è un’odissea attraverso le scienze, le lettere e le arti. Anche Bouvard e Pécuchet si ritrovano come all’inizio del romanzo, poiché la conclusione del libro è che ricominciano a copiare, proprio mentre Ulisse torna ad essere il re della sua isoletta.
Anche Rabelais, certamente Rabelais è un’Odissea; Il Rosso e il Nero è un’Odissea, mentre La Certosa di Parma mi sembra un’Iliade. E nell’Odissea, così come nell’Iliade, ci sono delle raffinatezze tecniche estremamente notevoli, e mi sorprende che non vengano menzionate più spesso. Ad esempio, quando Ulisse sente la propria storia cantata da un poeta epico e poi rivela la sua identità e il poeta vuole continuare a cantare e Ulisse non è più interessato; è davvero sorprendente, moderno, diciamo, perché è davvero un romanzo nel romanzo. Far raccontare la propria storia da un terzo che non sa che il personaggio in questione è lui stesso l’eroe della storia raccontata, è una raffinatezza tecnica che potrebbe risalire al XX secolo. È vero che questa raffinatezza si ritrova anche nel Don Chisciotte.

Tratto da “The Review of Contemporary Fiction”,
conversazione tra Raymond Queneau e Georges Charbonnier
autunno 1997, vol. 17.3
Illustrazione: Midjourney