Incipit:
Amilcare si sveglia di soprassalto, guarda l’orologio e scopre che è molto tardi.
“Com’è possibile?” pensa, “Fin da piccolo mi sveglio quando si fa giorno”.
Effettivamente la stanza è ancora buia, nonostante siano le 11.45 del mattino. Amilcare si alza di scatto, si affaccia alla finestra e si accorge che in cielo il sole non c’è.
Paura e smarrimento.
Sveglia Ersilia, la sua fidanzata, per condividere l’angosciante notizia.
Ma, dopo lo stropicciamento di occhi, scopre che lei il sole lo vede, alto in cielo, che riverbera nella stanza; se si affaccia dalla finestra sente anche un leggero tepore.
Amilcare vede tutte le cose: il letto, il comodino, la stanza, Ersilia, ma senza luce. Il cielo è nero, trapunto di stelle, e la temperatura è ferma, forse un po’ fredda.
Seguito di Chiara Colagiacomo
“Calma, calma, calma” ripeté tra sé e sé.
“Calma; pensa”. Ed ecco, lampante, palesarsi davanti ai suoi occhi la risposta, come un’epifania: non meno di 13 ore e quarantacinque prima, se ne stava a rimuginare nel letto. Pensava alla sua vita, si domandava perché fosse da sempre stato così terribilmente uguale a sé stesso, così metodico: trentanove anni e mezzo di sveglia alle cinque in punto, non un minuto di più, non uno di meno; zero pennichelle pomeridiane, le ore di luce non dovevano essere sprecate; chiudere gli occhi alle 22.00, non un minuto prima, non uno dopo. Si chiedeva perché fosse da sempre stato tanto metereopatico: 39 anni e mezzo di felicità al risveglio, di malinconia serale, di cupi pensieri notturni, di buonumore primaverile, di euforia estiva, di entusiasmo per il sole; di noia, malumore, depressione e rabbia nei giorni nuvolosi, o freddi, o piovosi. Rimuginava nel letto. Si rammaricava della sua ostinata coazione a ripetere e si prometteva di cambiare. Diverse ore prima, era pomeriggio, aveva scovato on line un gruppo di meditazione e appreso il potere del mantra; aveva trascorso le ore a declamare il suo “Shree Gum Namah – La mia consapevolezza senza limiti supera tutte le mie incapacità”, “Om Eem Hrem – La mia realtà è inondata da uno sguardo interiore gioioso”, “Oom Eem Namah – Sono capace di essere felice per l’intero arco delle 24 ore, in ciascuna delle 4 stagioni, in tutte le condizioni climatiche”, “Om Garum Rasath – La mia nuova consapevolezza può cambiare le mie abitudini, so essere pienamente in me, so percepire la bellezza della vita, della natura, dell’inaspettato, anche senza il sole”.
Scese dal letto ed abbracciò Ersilia, fortissimo. Aveva una paura fottuta, le mani gelate, il corpo sudato. Un attacco di panico, il terrore di non riuscire. Bisogna scegliere molto attentamente ciò che si desidera, aveva letto da qualche parte, perché ci ripensava ora? L’uomo è un’animale, impara ad adattarsi nelle circostanze avverse, nella necessità, aveva sentito dire, pochi giorni prima, in un’intervista ad Alberto Angela.
Prese un quaderno e scrisse “Istruzioni per essere felice anche quando non c’è il sole” e, qualche pagina più in là, “Istruzioni per essere diverso da me: nuove abitudini di vita”. Per oltre due mesi la sveglia suonò prescindendo dall’ora in cui l’aveva puntata; fuori ci furono sempre e soltanto buio, aria ferma e un poco fredda, stelle, a volte nuvole.
Imparò a gustarle tutte, queste sveglie volitive, ciascuna per ciò che di diverso poteva mostrargli. Il mondo fuori continuava a girare uguale a sempre (tranne che per lui), ma Amilcare aveva imparato a gioire della notte, delle nuvole, dell’aria ferma e un poco fredda. Quando scrisse nell’agenda “Shin Sul Naham – La mia realtà è luminosa se io sono luminoso”, si svegliò alle 11.45 e fuori c’era di nuovo il sole.
Questo esercizio è il classico Continua l’incipit. Negli anni molti allievi hanno sviluppato il brano creando diverse possibilità narrative. L’incipit è stato scritto da Ivan Talarico così come si può leggere, senza continuazione. Quindi ogni versione è quella giusta; non c’è una storia, ma c’è un punto di fuga di tante possibilità.
Questo è uno degli esercizi del laboratorio Come smettere di scrivere per scrivere meglio.