Un uomo del borgo, un cugino primo del becchino, mi disse: «Il borgo sospira, tutto il borgo, capisce? per la voglia di avere un fiume. Un fiume dalle rive piene di canneti, di giunchi, ampie e adorne di pioppi, un fiume sul quale sia possibile navigare su chiatte, con grida di marinai in coperta che commercino in spezie e cereali. Un fiume romantico carico di storia antica, con un castello su una rupe ogni tanto e una ragazza alla finestra più alta che sventoli un fazzoletto di seta per incitare il navigatore più ansioso di innamorarsi a intraprendere l’avventura dell’amore. Un fiume che voglia vivere con noi per tutta la vita e per la vita dei nostri eredi, perché la tragedia del nostro borgo è che il fiume, una volta scoperto, non dura. Un brutto giorno, quando il borgo comincia a vivere felice, tranquillo e fiducioso perché la corrente soddisfa appieno le sue necessità, la corrente scompare e bisogna rimettersi all’opera.
tratto da: Mercè Rodoreda – Viaggi e fiori
Bollati Boringhieri 1995, traduzione di Angelo Morino
illustrazione: Midjourney