Trama: Dopo la morte per alcuni giorni Biagio sembra ancora vivo, come lei, ma due settimane dopo scompare nel nulla. Fiamma va a riprenderselo nel Regno dei Morti.
Nel tentativo di riportarlo con sé apre un passaggio tra il Regno dei Morti e il Mondo dei Vivi, così tutti i morti tornano sulla Terra.
Sviluppo: Clicca sui nomi in basso per leggere come ogni partecipante ha svolto il capitolo, partendo dalla trama.
Durante la prima notte dopo la sua morte, sentì dei rumori provenire dalla stanza in cui il corpo di Biagio era stato adagiato. Mi alzai e in punta di piedi mi avvicinai. Stava fumando affacciato alla finestra.
«Sei vivo!», gridai, «Allora era solo un brutto sogno!» Lui mi guardava smarrito, era molto pallido, cominciai a toccarlo per essere sicura che fosse vivo.
«Ma che fai, sai che soffro il solletico». Immaginatevi quale fu la reazione di Carla e Marco.
Nei giorni seguenti non riuscivo a staccarmi da lui, lo seguivo dappertutto, anche in bagno. «Ma insomma», mi diceva «cosa ti prende?» Dopo qualche giorno le mie ansie si placarono e ripresi la mia vita quasi normale. Una sera, mentre lui era fuori, noi eravamo come al solito insieme e ci attardavamo nelle nostre faccende domestiche. Io preparavo la cena con Marco, che stava inventando una nuova ricetta. Carla inseguiva il gatto nel tentativo di levargli di bocca un turacciolo. Le ore passavano ma lui non tornava, era succedendo qualcosa, ma cosa? Scomparso. Come per magia, come in quei giochi che si vedono fare al circo, non sapevo se vivo o morto. Mi appellai a tutte le mie risorse da morta e capii dove andare a cercarlo. Cominciò così il mio lungo viaggio nel Regno dei Morti.
Presi l’ascensore, metodo più comodo. I piani erano tre, chissà perché. Da dove cominciare? Forse era ancora presto per stare all’Inferno o in Paradiso, occorre tempo per essere giudicati, pensai. Mi fermai al primo piano, aprii una porta e vidi che si festeggiava qualcosa. Richiusi. Salii al secondo, aprii una porta. Tanta gente, sembrava di assistere ad un comizio, al centro c’era Berlinguer. Si parlava di politica e di come affrontare il cambiamento climatico. Conoscendo gli interessi e le passioni di Biagio mi fermai . Poteva essere il posto giusto. E infatti era lì, sommerso di fogli, di mappe, di libri, di idee . Gli dissi che dovevamo andare, che il mondo ci aspettava se volevamo cambiarlo e salvarlo, che il suo ruolo era importante. Mi seguì e a lui si unì tutta la gente che non voleva la fine del mondo.
Scendemmo e scendemmo, un lungo e infinito corteo ci seguiva, gente dall’aspetto diverso e di periodi storici disparati, chi vestito solo con una pelle di animale, chi in frac, chi in calzoni bucati e senza scarpe. Anche le lingue che parlavano erano diverse, ma sembrava ci fosse una corrente, un filo che li univa. Tutti potevano comunicare tra tutti loro e dialogare. Scoprimmo che c’era un canale sotterraneo che ci avrebbe riportato all’esterno, vidi finalmente la luce, gli alberi, i palazzi. Ce l’avevo fatta a riportare Biagio nel mondo dei vivi, e con lui tanti altri.
Nonostante il referto medico fosse sembrato abbastanza chiaro nel certificare il decesso di Biagio, il primo a non credere a quella sentenza appariva proprio lui. Poche ore dopo essere stato messo in osservazione, per le visite di parenti e amici, il corpo di Biagio cominciò a manifestare movimenti improvvisi: un braccio si alzava improvvisamente, una gamba cominciava a tremare, gli occhi si aprivano e si chiudevano velocemente per qualche minuto, la bocca arrivava a emettere suoni simili a parole. Sintomi incompatibili con la morte. Una situazione che costrinse i medici legali a ordinare che non si procedesse con la sepoltura e che il corpo rimanesse in osservazione. Fiamma era contentissima; si stava convincendo che Biagio stesse ormai diventando un post-vivo come lei e che potesse finalmente condividere con lui riflessioni su questa particolare condizione esistenziale.
Carla e Marco, invece, erano abbastanza perplessi. Dopo circa due
settimane il corpo di Biagio scomparve. Lo stupore era
generale: il semimorto o semivivo non si trovava più. Fiamma, non persuasa che la polizia avrebbe fatto un buon lavoro, si mise a cercarlo in lungo e in largo e lo ritrovò infine nello stesso grande bar in cui diversi anni prima si erano conosciuti. Stava semplicemente bevendo un cappuccino.
Esterrefatta, Fiamma si avvicinò a lui e gli disse: «Biagio!».
Lui si girò e le disse «Oh ciao, Fiamma! Sono morto, hai visto?».
«Come?!?!?»
«Beh, nessuno dei nostri conoscenti né dei nostri figli mi ha visto più, dunque sono morto…o qualcosa del genere! E se vorrai parlare con gli avventori di questo bar, scoprirai che sono tutti morti o qualcosa del genere!».
Fiamma non era solamente perplessa; Biagio le stava provocando un’alienazione da una realtà già assurda di per sé. Provò a parlare con i tanti frequentatori del bar e scoprì qualcosa di incredibile: erano tutti morti ancora vivi. Erano tutte persone che avevano subito un qualche tipo di incidente o malanno mortale, ma ancora in grado di agire nel mondo dei vivi. Insomma, il suo caso non era unico: esisteva una vera e propria interazione continua tra il Regno dei Morti e il Regno dei Vivi, tale da non riuscire a distinguere la differenza tra i due. E questi morti usavano radunarsi in quel bar in cui una volta si erano conosciuti (e in cui Biagio era capitato per caso, forse rapito dal destino), che
appariva così come una sorta di passaggio tra i due regni.
«Fiamma, non so come spiegarlo… ma sono abbastanza sicuro di essere morto oggi.»
Fiamma lo guarda, e si sente svenire.
«Lo so che tu credi che io sia pazzo, ma è così…».
«Biagio, vieni qua, raccontami cos’è successo».
«Sai quel film che stiamo girando, in cui devo morire sparandomi al cuore? Oggi dovevo trattare il dottor Giannoni a casa sua. Sono andato in bagno prima di uscire, c’era uno specchio incredibilmente bello, le luci giuste e una pistola sulla lavatrice. Di fronte allo specchio ho provato la scena, ho premuto il grilletto, pensavo fosse la pistola del figlio di Giannoni. Poi mi sono ricordato che il figlio di Giannoni ha 47 anni, ed è un poliziotto. C’è stato un boato incredibile. Sono corsi tutti fuori dal bagno. Giannoni urlava e prendeva a spallate la porta. Io ho detto “un attimo” e sono uscito senza un graffio mentre tutti mi guardavano terrorizzati. Fiamma, ma com’è possibile?»
Fiamma lo abbraccia, e guardandolo dritto negli occhi gli confessa tutto. Alla fine, gli dice: «Biagio, sei come me: puoi morire quante volte vuoi, la cosa importante è che nessuno ti veda».
Biagio passa dall’angoscia alla felicità, e comincia a fare le sue prove di morte. Ogni sera racconta a Fiamma com’è morto: una volta ha scavalcato la recinzione dello zoo nel giorno di chiusura al pubblico per incontrare la leonessa con i piccoli, un’altra volta ha indossato il mantello da superman di Marco e si è buttato dal gasometro, il giorno dopo ha fatto la stessa cosa col tutù di Carla. Poi un giorno Fiamma rientra a casa, apre la porta del bagno e lo trova nella vasca immerso nell’acqua calda, con la scatola di tranquillanti vuota accanto. I loro occhi si incrociano mentre quelli di Biagio si stanno chiudendo. Fiamma sussulta, esce sbattendo la porta, e prega di non averlo visto morire. Aspetta, ma Biagio non esce. Lo chiama, ma niente. Rientra, e non lo trova: è sparito. Alza gli occhi al cielo, e dice a voce alta «la porta del bagno sempre aperta, eh?».
Fiamma sa che c’è un modo per salvare Biagio. C’è una porta, sulla cima del Salviano, che quelli come loro possono attraversare nelle notti di luna piena. Fiamma aspetta il momento giusto e va a riprendersi Biagio. Lui la vede arrivare e sorride contento. Lei è distrutta: qui con 2500 caratteri l’abbiamo fatta facile, ma entrare nel regno dei morti non è uno scherzo. Fiamma, dicendogli «sei un cretino», lo prende per mano e lo trascina con sé. Risalgono verso il mondo dei vivi litigando, e nella baruffa dimenticano la porta aperta col Regno dei Morti. E fu così che il giorno dopo il mondo era, inspiegabilmente per molti, pieno di gente vestita fuori moda.
«Sono morto», mi disse, come se ne avessimo parlato mille volte senza mai saperlo.
Ci siamo letti le braccia, le mani, le scottature avventate sui polpastrelli delle dita.
Ci siamo amati in silenzio.
Abbiamo amato il silenzio.
Abbiamo assolto la morte.
E la vita.
Siamo stati ingannati.
È sparito nella pioggia svogliata di un pomeriggio di ottobre.
Si è sciolto tra le crepe di un muretto a secco, con i calici rubati al ristorante e la bottiglia di vino conservata da un po’.
Salto il muretto, vado a cercarlo.
Non ho forze.
Mi dileguo.
Cerco il modo.
Sono come fango con un cacciavite in tasca.
Mi trascino giù.
Buccia di mele, foglie spezzate: chiedo agli insetti.
Qualcuno ha visto e ha taciuto, qualcuno ha risposto perché aveva studiato: mi invita ad andare.
Busso a una porta, c’è una donna che trema, mi urla di no.
Non cedo.
L’apro, e vengo raggiunta da tutti i morti del mondo, anche quelli delle storie inventate.
Urlo il suo nome, mentre onde di ombre intorpidite frugano la vita tra i marciapiedi attoniti.
Della morte di Biagio lì per lì non si accorse lui e non si accorse lei. Non se ne accorse il figlio appena morto-non morto. Carla, la figlia, l’unica della famiglia, a questo punto, ad essere viva-viva e non viva-morta, morta-vivente o chissà che, continuava la sua vita più o meno serena: la madre si era miracolosamente salvata nonostante la caduta da dieci piani del palazzo, il papà era riuscito a superare l’infarto e il
fratello era uscito illeso dal suo brutto incidente in macchina.
Fiamma sperava di sbagliarsi, ma Biagio dopo l’infarto aveva iniziato a sembrarle molto sospetto. Iniziò a osservarlo con attenzione e si rese conto che sembrava non avesse mai fame e non andava più in bagno. Piano piano realizzò che non respirava, almeno così le sembrava; era quasi sicura che muovesse per finta il petto su e giù solo quando si accorgeva di essere guardato. Eppure, le sorrideva, si occupava dei suoi figli, andava a lavorare e con lei sembrava non essere cambiato. Anche lei faceva così, eppure non era viva ormai da tempo.
Questa situazione durò per due settimane poi, il quindicesimo giorno, Biagio scomparve nel nulla. Dopo ore di ricerche inutili, Fiamma andò con Carla e Marco a denunciare la scomparsa. Loro avevano tanto insistito e lei si era fatta trascinare, ma sperava poco nella polizia per recuperare suo marito. Aveva capito che qualcuno l’aveva chiamato nell’Aldilà, interrompendo per sempre la sua situazione sospesa.
Decise così di andare a riprendersi Biagio nel Regno dei Morti… ma dov’era il Regno dei Morti? Sottoterra? Nel cielo? Nel bosco? Era un luogo fisico o uno spazio mentale? E soprattutto… dov’era l’entrata?
Decise di mettersi in ascolto… miliardi e miliardi di poveri disgraziati confinati in quel Regno dovevano sprigionare un’energia enorme. Ma dove sarà finito – si era chiesta – tra i cattivi, tra i medi o tra i buoni? Tra i medi si era subito risposta.
In fin dei conti, il Regno dei Morti un po’ le apparteneva, si era detta, dopo il salto da dieci piani. Forse sarebbe bastato cercare in sé stessa l’entrata del Regno. Si sedette in casa, si concentrò con tutta sé stessa e una porta spazio-temporale apparve davanti ai suoi piedi, come se ci fosse sempre stata, un buco nero di cui non si vedeva il fondo. Non perse tempo per paura che sparisse e ci saltò dentro. Dopo aver ruzzolato pochi metri si sentì battere sulla spalla, era Biagio che aveva un sorriso triste da spaccare il cuore, e vicino a lui c’era Marco che aveva un sorriso forzato, forse per farle coraggio. Fiamma prese con una mano Biagio e con l’altra Marco. Tanta era l’emozione che non si accorse dietro le sue spalle iniziavano a defluire anime su anime una folla sempre più grande e sempre più ingovernabile; vecchi generali, bambini, signore imparruccate, orsi, gatti, cavalli… e saltavano fuori dalla porta spazio-temporale aperta da lei. Fiamma prese con una mano Biagio e con l’altra Marco e strattonandoli li portò al di qua, nella realtà dove arrivarono tutti e tre, spaventati e curiosi.
«Che cosa hai fatto?», chiese Biagio a Fiamma.
«Ti ho portato da me»
«Ma ad Anita non ci hai pensato?»
«E tu allora? Chi era la tipa che ti scopavi praticamente ogni notte?» (pausa) «Camminiamo? Così ti faccio vedere un po’ come funziona il tutto»
«Tutto che? O dio ma che è, che schifo, sembrava tutto viscido e caldo»
«Sì, hai trapassato un’anima, precisamente di quella bella signora che adesso sculetta dietro di te»
«Ho sculettato anche io?»
«Un pochetto».
Fiamma rise. Era felice di averlo di nuovo con sé.
I giorni insieme trascorsero molto serenamente. I due si divertirono moltissimo, dopo due settimane avevano già completato un giro del mondo. Avevano mangiato di tutto, si erano bagnati nei mari più cristallini e avevano raggiunto pure la cima dell’Everest.
Poi, ad un tratto, ritornati a Roma per una doccia veloce, Biagio sparì. Fiamma lo cercò per tutta la notte ovunque, in ogni angolo della città, invano. Allora capì. Probabilmente era stato inghiottito dalla Notte. Fiamma andò subito a vedere. E non fu affatto stupita di ritrovarselo lì, con molte ossa fratturate e i vestiti strappati in quel cunicolo strettissimo e nero: Biagio era precipitato nel Regno dei Morti.
Nel tentativo di riportarlo con sé, Fiamma decise di tornare alla Luce, nel Mondo dei Vivi, e di trovare al più presto un modo per aprire un varco tra i due mondi. Recuperò dell’esplosivo e, dopo un tonfo allucinante e il crollo di una notevole quantità di roccia, poté riabbracciare Biagio, che non credeva ai suoi occhi.
I due cominciarono a risalire, non accorgendosi però che a poco a poco sempre più ombre li stavano seguendo. Forse Fiamma aveva fatto esplodere più roccia di quanta doveva. Il passaggio si era fatto così largo che in massa gruppi di anime avevano cominciato a muoversi verso la Luce, incuriositi. Ma a mano a mano che andavano verso l’uscita, si erano ritrovati dubbiosi. Le immagini che vedevano gli sembravano meno reali di quelle che avevano riconosciuto fino a quel momento attraverso le ombre.
Quelle che loro avevano vissuto fino ad allora, capirono col tempo, erano solo delle opinioni e quello a cui adesso, pian piano, i loro occhi si stavano abituando, erano le verità del mondo.
Biagio e Fiamma furono stupiti da quello che stava loro capitando e decisero di aiutarli a recuperare gli altri compagni, che mai li avrebbero creduti.
La morte di Biagio fu per la coppia un punto di svolta.
Dopo l’evento, lui si ritrovò a chiedersi spesso: “Com’è possibile?”.
Eppure, nonostante l’incredulità per la loro condizione, i due sperimentarono per la prima volta la libertà di essere sé stessi e completamente sinceri tra loro.
I giorni che seguirono furono allegri, quasi spensierati, con i figli che godevano di due genitori che strabordavano come non mai di felicità per essere morti ma vivi.
Di notte Fiamma e Biagio consumavano la loro passione insaziabile l’una per l’altro alternando il sesso a interminabili discorsi sul loro stato di morti viventi.
Erano abituati a percepire la morte come qualcosa che divide e invece stavano sperimentando una morte diversa, che invece di dividerli li univa ancora di più e li rendeva spavaldi di fronte al mondo dei vivi che si ritrovavano ad abitare.
Trascorsero un paio di settimane dalla morte di Biagio e quella notte, Fiamma si ritrovò nel sogno di qualcuno che non riusciva a capire chi fosse: era come una presenza che continuava a ripetere la stessa frase: «State precipitando!».
Si risvegliò agitata. Biagio la tranquillizzò e poi uscì a portare i bambini a scuola.
Quando si salutarono sulla porta di casa, Fiamma non sapeva che sarebbe stata l’ultima.
Lui sparì, si dileguò, si smaterializzò nel nulla.
Che anche i morti piangono e che le loro lacrime non sono salate, Fiamma lo scoprì così.
Era talmente frastornata e distrutta dalla perdita dell’uomo che amava, che sua sorella Anita decise di portarla ad Avezzano per un po’ insieme ai bambini, per darle aiuto.
Fu lì, nella stessa camera in cui lei gli chiese di sposarlo, che quella notte Fiamma tornò a sognare un sogno in bianco e nero. Era Biagio che la chiamava e le chiedeva aiuto: «Fammi uscire da qui, ti prego!».
Da quella notte e per le notti successive, Fiamma ritornò a vivere di notte, entrando nei sogni di Biagio che non era svanito: era precipitato nel Regno dei Morti.
«State precipitando», diceva la voce nel sogno di Fiamma.
“Come si riporta in vita un morto?” continuava a chiedersi quando non sognava.
Una notte si ritrovò talmente dentro il sogno di Biagio che riuscì a toccarlo. Gli strinse la mano e gli disse: «Il varco è vicino!».
In quell’istante, una voce tuonò nel Regno dei Morti e quello che disse fu: «State precipitando!».
«Si, ma siamo insieme!», rispose Fiamma, che istintivamente abbracciò Biagio.
Quando aprì gli occhi si ritrovò con lui nel letto ad Avezzano.
Il varco era aperto!
La gioia della famiglia riunita fu rotta dal campanello della porta. Biagio andò ad aprire e una vecchietta grigia vestita di nero squadrandolo gli disse: «E chi sci tu?».
Fiamma si girò esterrefatta trovandosi di fronte alla bisnonna Evelina.
Si è risvegliato, è tornato a casa, ha fatto quel benedetto ragù e poi puff. Volatilizzato un’altra volta.
Potevamo parlarne perché questo fanno le coppie adulte. Soprattutto le coppie di persone che muoiono e poi rivivono. Invece ricevo un vocale: «Fiamma, scusa ma non sono sceso a prendere le sigarette. Sono tornato nel regno dei morti. Penso che lì starò meglio. Non mi cercare. Se posso mi faccio vivo. Saluta i ragazzi e il cane. Un caro saluto». Come “un caro saluto”?
È molto probabile che senza quel commiato da ragioniere me la sarei fatta scivolare via. Ma non si chiude una storia di venti anni come si chiude una e-mail del cazzo. Sentii la voglia di tagliare la testa di Biagio scorrermi per il corpo. Mi ero buttata dalla finestra non perché stavo male, ma per morire e avere le idee più chiare. Sì, avevo voglia di motosega.
Mia madre mi raccontava sempre quanto da bambina fossi testarda e animata da un profondo senso di giustizia. Come quella volta che azzoppai Giselda, una tipa della V F che bullizzava me e la mia compagna Carlotta. Ero 30 cm più bassa ma con un calcio secco, alla terza merendina rubata, le spezzai il femore poco sopra il ginocchio. E quando ascoltai il vocale di Biagio mi sentii esattamente come allora di fronte a un’ingiustizia che gridava vendetta.
“Il libro!”. Come un lampo mi tornò alla mente quel librone impolverato che avevo trovato da ragazzina nella soffitta della nostra vecchia casa di famiglia ad Avezzano. All’epoca mia nonna minacciò di tagliare la mano a me e mia sorella Anita se l’avessimo anche solo toccato, senza che ne capissimo il perché dato che era pieno di incomprensibili disegni e numeri. A distanza di trent’anni e tante storie strane ascoltate che avevano come protagonista nonna Orietta il motivo appariva più chiaro, ma soprattutto intuivo che quel libro avrebbe fatto al caso mio se volevo spezzare un femore a Biagio nel regno dei morti. Da remoto. Tornai nella vecchia casa di famiglia, salii in soffitta e sfogliai le pagine tutte ingiallite scegliendo quella che mi sembrava la formula più adatta.
Evidentemente qualcosa era andato storto perché, oltre a non riuscire neanche lontanamente nel mio intento, adesso, sotto al ristorante “La cantina dell’arrosticino”, in via Trento 54 ad Avezzano, si è aperto un passaggio dimensionale tra il regno dei morti e il regno dei vivi. Un problema non da poco in effetti.
La prima a uscire da quel buco nel pavimento è stata zia Ernestina morta nel 1858. Il secondo a uscire è stato Napoleone. Zia Ernestina, ha dato un’occhiata ed è tornata subito indietro esclamando «Ma chi
sìte pazzə? Ije me ne tornə ‘ndrè!». Napoleone invece l’ho visto arrembare con passo marziale una corriera direzione Pescara.
Siccome, come diceva mia madre, sono molto testarda, ho deciso che mi porrò successivamente il problema di come chiudere il varco. Il mio obiettivo ora è solo uno. Trovare Biagio. E così, eccomi, fianco a fianco con zia Ernestina di 167 anni, procedere spedite nel Regno dei Morti.
«Ti piaci la pecor’?».
Annuisco, poco convinta.
«Allor’ ti preparam’ nu spuntin’ appen’ arrevem’».
Quando, dopo tre giorni, Fiamma si stava finalmente abituando al suo assurdo stato di vedova inconsolabile defunta, Biagio semplicemente si ripresentò alla porta, tremante.
Quando muori, l’unica costante è un freddo boia.
Dopo un bagno di due ore, una tripla minestrina e parecchi starnuti, Biagio la guardò negli occhi, cercando spiegazioni.
Fiamma decise che queste si sarebbero potute rimandare alla mattina dopo, visto che sapeva bene che, dopo fame e freddo, altri bisogni primari urgevano in chi tornava nell’aldiquà.
Nei giorni successivi, occupati a mangiare, fare bagni caldi e copulare. Fiamma pensò che il loro rapporto aveva decisamente giovato di quella morte. Certo, bisognava spiegare la cosa ai bambini oppure costruire una plausibile e complicata menzogna.
Un giorno, dopo due settimane, si svegliò sola. Capì subito che qualcosa non andava. Non lo “sentiva” più.
Si recò subito a Prima Porta, con un’idea sul da farsi.
Aprì con discrezione una certa tomba, una nota scorciatoia usata da molti in casi come questo.
Si fece un giretto in un paio di aldilà, ma nessuna traccia di Biagio.
Tornò verso casa, non prima di aver fatto la spesa e notò che le strade erano veramente affollate. E tanti starnutivano.
“Quest’anno le feste portano l’influenza anticipata” – si disse sospirando – “e certo, guarda come sono vestiti. Col fatto che ora Halloween va di moda pure qua…”
Spintonando parecchie persone arrivò finalmente a casa, dove un notevole sternuto la accolse alla fine del corridoio.
«Ho capito», – disse lei furbetta, appoggiando la spesa sul pavimento e togliendosi ogni capo di vestiario mentre lo percorreva, guidata dalla luce del salone in fondo – «però stavolta prima il bagno e poi la cena,
ok?».
Quando entrò nella stanza vide che sul divano non c’era Biagio, ma un tizio che sembrava uscito da quel gruppo di cialtroni che si fa scattare le foto con i turisti vicino al Colosseo, col naso rosso che starnutiva a più non posso.
«Tu non sei Biagio!»
«E tu non sei Cornelia, né Pompea, né Calpurnia. Per fortuna, direi. Etciù!»
Si andò avanti con dei battibecchi abbastanza scontati per circa venti minuti. Alla fine, complice una certa esperienza, Fiamma capì che quello era un autentico redivivo Cesare. Preparò una frittata veloce che saziò entrambi, dopo essersi rivestita.
«Che ci fa qui, Senatore, Imperatore… come la devo chiamare?»
«Divo va benone – rispose ruttando – Mi raccomando, prepari altrettante porzioni di questa pietanza per le mie legioni. Sono migliaia e non mangiano dai tempi di Bruto.»
«Adesso non esageriamo», – alzò la voce per coprire un certo rumore di fondo che veniva dalla strada – «mi scusi, Generale, vado a chiudere la fi…»
Non finì la frase. Abbassando lo sguardo vide che le strade erano totalmente impercorribili anche per gli standard di Roma. Fiumane di persone con vestiti di ogni epoca inondavano le strade, starnutendo
incazzate per il casino.
«Cazzo» – si disse Fiamma sbattendosi il palmo della mano sulla fronte – «non ho chiuso il loculo».
I primi giorni dopo la morte, Fiamma notò qualcosa di strano. Biagio era lì, nella cucina, versandosi un caffè. Pensò fosse la nostalgia, finché non lo vide ripetersi ogni mattina. Nessuno se ne accorse, e Fiamma preferì non parlarne, attribuendo tutto al suo solito modo di vivere al massimo. Ma due settimane dopo, Biagio sparì. Nessuna traccia, nessun avvistamento. Fiamma, frustrata, decise di usare il suo dono in un modo diverso: esplorare il Regno dei Morti.
Entrò in uno spazio grigio, dove le anime vagavano come spettatori annoiati di una commedia stantiosa. Trovò Biagio seduto su una panchina, intento a sfogliare un giornale che nessuno poteva leggere. «Biagio», disse, con la solita calma. Lui alzò lo sguardo, riconoscendola solo appena. «Fiamma, non è il momento. Qui è tranquillo.»
«Non ti lascerò sparire del tutto», rispose lei, senza preamboli. «Abbiamo una famiglia, una vita da vivere.»
Biagio sospirò, chiudendo il giornale. «E se rimanessi qui? Nessuna responsabilità, nessun stress.»
Fiamma scuoteva la testa. «Non posso. E poi, ho già abbastanza problemi qui.»
Nel tentativo di riportarlo, Fiamma aprì un passaggio tra i due mondi. Un lampo di luce e un fruscio di vento. Tornò a casa aspettandosi Biagio, ma invece vide i morti risvegliarsi tra i vivi. Vicini che non vedeva da anni, amici dimenticati, tutti tornati come se nulla fosse. Carla e Marco erano attoniti, mentre Fiamma cercava di spiegare l’impensabile.
«La porta è aperta», disse, osservando la confusione generale. Gli spiriti sembravano disorientati, cercando di adattarsi a una Terra che non li riconosceva. Fiamma sapeva di aver esagerato, ma trovare Biagio ora significava affrontare un caos indesiderato.
In mezzo alla folla di morti e vivi, Fiamma si muoveva con pragmatismo. Cercava Biagio, ma ogni tentativo sembrava vano. Gli spiriti, privi di scopo, iniziavano a causare piccoli disordini: oggetti che si spostavano da soli, sussurri nei corridoi vuoti. Fiamma, ironicamente, si rese conto che la sua “magia” aveva solo aggiunto un livello di banalità soprannaturale alla vita quotidiana.
«Ottimo lavoro, Fiamma», pensò sarcasticamente. «Hai trasformato la nostra tranquilla Roma in un reality show paranormale.»
Mentre cercava disperatamente Biagio tra la massa, Fiamma capì che chiudere il passaggio sarebbe stato più complicato di quanto avesse immaginato. Ogni tentativo di ripristinare l’equilibrio sembrava solo peggiorare la situazione. Gli spiriti cercavano di interagire, creando un miscuglio di vite passate e presenti che Fiamma non sapeva gestire.
Dal laboratorio Scritture Aperte
C’è vita su morte
Questo capitolo fa parte di un’ipotesi di iperromanzo dal titolo provvisorio “C’è vita su morte”, scritta durante il laboratorio Scritture Aperte 2024-25. In ogni incontro viene assegnato ai partecipanti un punto di inizio e un punto di fine e ognuno scrive la propria versione liberamente. Il risultato è un multiverso: ogni capitolo racconta un punto di vista diverso, un universo possibile della storia.